Berlino 1945 by Antony Beevor

Berlino 1945 by Antony Beevor

autore:Antony Beevor [Beevor, Antony]
La lingua: ita
Format: epub
ISBN: EPUB9788858618325
editore: BUR
pubblicato: 2011-07-14T22:00:00+00:00


CAPITOLO 16

Seelow e la Sprea

DOPO LE DUE TELEFONATE DI mezzanotte di Stalin, il 16 aprile, la corsa fra Žukov e Konev cominciò sul serio. Quest’ultimo accettò entusiasta la sfida. Žukov, per quanto scosso dall’insuccesso sulle alture di Seelow, considerava Berlino sua di diritto.

Martedì 17 aprile il cielo coperto e la pioggia leggera cedettero il passo al sereno. Gli Sturmovik furono in grado di attaccare con maggior precisione le postazioni superstiti tedesche sulle alture di Seelow. In basso, nell’Oderbruch e lungo la scarpata, villaggi, frazioni e fattorie continuavano a bruciare. L’artiglieria sovietica e l’aviazione avevano concentrato il fuoco su tutti gli edifici, nell’eventualità che ospitassero un comando. Il risultato fu uno spaventoso odore di carne bruciata, soprattutto umana, nei villaggi, e di bestiame nelle fattorie. Il cannoneggiamento delle stalle come possibili depositi e comandi portò a un tremendo massacro di animali che non riuscirono a fuggire.

Dietro alle indistinte linee tedesche, i posti di medicazione erano affollati di feriti ben oltre le possibilità dei medici. In base al sistema degli smistamenti a seconda della gravità, una ferita allo stomaco equivaleva a una condanna a morte, perché l’intervento chirurgico richiedeva troppo tempo. La precedenza assoluta era data alla cura di coloro che avrebbero potuto tornare a combattere. Gruppi di ufficiali erano incaricati di ispezionare gli ospedaletti da campo alla ricerca di feriti in grado di camminare e di sparare.

La Feldgendarmerie, nei suoi posti di blocco improvvisati, era sempre alla ricerca di sbandati, incolumi o leggermente feriti, che potessero essere rimandati ai reparti. Non appena ne veniva raccolto un numero ragionevole, venivano rispediti in linea. I soldati chiamavano quelli della Feldgendarmerie non solo «cani da catena» ma anche Heldenklauen, artiglia-eroi, perché non andavano mai a combattere eppure artigliavano chiunque si ritirava.

Nel loro zelo brutale, la Feldgendarmerie spesso catturava elementi che stavano cercando davvero di raggiungere i loro battaglioni. E a questo punto questi si trovavano in mezzo a sbandati e a ragazzi della Hitlerjugend di 15 o 16 anni, alcuni dei quali ancora in calzoni corti. Era stata realizzata una serie di elmetti di misura minore per i ragazzi-soldato, ma non erano mai abbastanza. I loro volti tesi e pallidi si potevano intravedere sotto elmetti che scendevano molto al di sotto delle loro orecchie. Una squadra di guastatori sovietici della 3a armata d’assalto chiamata a bonificare un campo minato rimase sorpresa dall’improvvisa apparizione di una dozzina di tedeschi usciti da una trincea per arrendersi. D’un tratto un ragazzo sbucò da un bunker. «Indossava un lungo impermeabile e un berretto», ricorda il capitano Sulchanišvili. «Sparò una raffica di mitra, poi, vedendo che io non cadevo a terra, lasciò cadere l’arma e cominciò a singhiozzare. Cercava di gridare “Hitler kaputt Stalin gut!”. Mi misi a ridere. Gli diedi soltanto uno schiaffo. Poveri ragazzi, mi sentivo in pena per loro.»1

Gli elementi più pericolosi della Hitlerjugend erano spesso quelli le cui famiglie erano state divise nelle province orientali dall’Armata Rossa. Per loro l’unica via da seguire sembrava essere la morte in battaglia, portando con sé il maggior numero possibile di odiati bolscevichi.



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